Milanesi, Savoiardi e «Sardi»

La città di Unna, in Vestfalia, ha dedicato nel 2005 (dopo l’evento «Bella Forma» dell’estate del 1997 a Hagen) una mostra ai peltrai piemontesi attivi in questa città nel XVIII e XIX secolo. Un fenomeno comune a tante altre città dell’area di lingua e cultura tedesca che continua sorprendere i cittadini tedeschi. La domanda più comune è: come, già allora vivevano italiani nelle nostre città?

1 Unna è una cittadina a una ventina di chilometri da Dortmund, tra la stazione aeroportuale e le vie di trasporto, ferroviarie e autostradali, che conducono in ogni direzione. Una caratteristica che risale al Medioevo, quando la cittadina scelse di partecipare alle attività mercantili dell’Hansa e conobbe una particolare floridezza, con relativo sviluppo. Reperti risalenti alla presenza romana sono stati rinvenuti a Bergkamen e a Haltern, dov’è stato innalzato un bellissimo museo.

Unna, posta sulla via regis, chiamata anche Hellweg o via chiara, dal commercio del sale, ubicata sull’asse stradale Aquisgrana – Paderborn, percorso imperiale carolingio, assiste nella seconda metà del XVIII secolo a un primo insediamento di artigiani provenienti dalla Penisola italiana: si trattava di peltrai piemontesi, più precisamente valstronesi e cusiani. Nello stesso periodo, a Königsborn, prende l’avvio la fortunata impresa industriale della famiglia Grillo, ramo della Ruhr.

Negli ultimi decenni, questa cittadina protesa letteralmente verso l’Europa, sembra aver fatto un patto con l’Italia. Il gemellaggio con la città di Pisa ha offerto, e offre, momenti molto sentiti. La festa popolare Un(n)a Festa Italiana è vista e goduta regolarmente da 200.000 persone che, da tutta la regione, si precipitano in questo centro per gustarne luminarie, musica, specialità culinarie e spettacoli. Qui, un’associazione culturale italo-tedesca è attivissima con un programma di interventi che vanno dalle conferenze, al cinema e al teatro. L’impegno degli operatori italiani e tedeschi ha fatto sì che, negli anni, si formasse una fiducia e una simpatia che stanno dando frutti importanti. I corsi di lingua e cultura italiana sono molto frequentati. Si avviano rilevanti progetti sperimentali e negli spazi del centro culturale Lindenbrauerei (antica birreria ristrutturata anche nella sua immensa parte sotterranea seguendo i canoni più moderni) si assiste sempre più spesso a manifestazioni di lingua e natura italiana.

2 Nella prima metà del 1700 compaiono i primi artigiani peltrai piemontesi in diverse cittadine ai confini con il Bacino della Ruhr: Iserlohn, Geseke, Lippstadt, Schwelm, Werl. Anche a Dortmund e Bochum.

Si ha l’impressione che gli artigiani peltrai piemontesi, stanziali o ambulanti, stiano sondando o testando quest’area. Seguendo particolari flussi di carattere commerciale ed economico, in parte ancora da studiare, sembra si stiano preparando a partecipare al miracolo economico e industriale che investirà la Ruhr. Nei primi anni del 1800, lungo i principali corsi d’acqua della regione, si innalzano officine, fucine e ciminiere, mentre iniziano a risuonare i sordi colpi dei magli.  Il fiume Ruhr, invece, è sempre più solcato da barconi carichi di carbone, l’oro nero che diventa energia per la nascente industria metallurgica che esplode da Duisburg a Dortmund, da Essen a Bochum, da Gelsenkirchen a Recklinghausen.

Nei primi decenni del 1800 si assiste al fiorire di diverse officine di peltrai piemontesi nelle città più importanti di questa regione. Qui giungono i Calderoni (a Bochum), i Bozzetti, gli Adamini, i Buddini, Lietta, Traglio e Piselli a Hagen, i Crachi a Borken. E gli artigiani di Unna, quasi programmassero di rifornire dei propri prodotti un’intera regione. Piatti e bricchi, boccali e posate, candelieri, lumi e terrine, contenitori per l’acqua calda e oggetti per il culto. Le città dell’area della Ruhr vivranno un’esplosione demografica tra il 1800 e il 1900. La città di Hagen, agli inizi del XIX secolo, contava circa 2.500 abitanti. Nel 1860, 10.700. Nel 1900, 41.800. Oggi vivono in questa città 200.000 persone. Un maggiore aumento demografico lo si avrà nelle città di Dortmund, Bochum, Essen, Duisburg… dove le attività estrattive e metallurgiche conosceranno, in due secoli, le soste imposte dai due conflitti mondiali e dalla crisi strutturale contemporanea iniziata attorno al 1980. Una regione, il Bacino della Ruhr, attualmente alla ricerca di una moderna fisionomia, senza scordare la tradizione e l’identità offerte dal ricco e sofferto passato. Mantenendo, quindi, torri minerarie e ciminiere. Trasformando capannoni in musei e spazi espositivi o istituti per la creazione di fonti energetiche alternative (solari ed eoliche, prima di tutto), spazi per il tempo libero, l’industria turistica e la memoria. Rimodellando aree e vie, come il porto fluviale di Duisburg, dove edifici, magazzini e banchine, ci fanno riscoprire l’operosità d’una regione.

3 Le officine dei peltrai piemontesi dovettero, nella prima metà del 1800, conoscere una particolare floridezza. Ricordo quelle degli Adamini (originari di Casale Corte Cerro) e dei mergozzesi Bozzetti a Hagen. Si aprono diversi negozi, Bozzetti a Hagen e Calderoni a Bochum, e si partecipa ai mercati settimanali e alle fiere. Un ramo degli Zamponi (altra plurisecolare stirpe di peltrai proveniente da Forno, in Valle Strona, attiva in Austria, Baviera, Assia, Sassonia…) si trasferirà nella seconda parte del 1800 nel Bacino della Ruhr, abbandonando Netphen, cittadina nel Siegerland.

Purtroppo la documentazione rimasta è molto scarsa. Nulla, o quasi, si è rinvenuto sull’acquisto dei materiali primi (stagno, piombo, antimonio, rame, carbone), creazione, lavorazione e vendita degli oggetti, prezzari e indirizzi della clientela, acquirenti e rivenditori. Solo alcuni marchi (Adamini, Hagen e Calderoni, Bochum) e diverse registrazioni pubbliche relative all’attività, alla cittadinanza e al fisco. La signora Calderoni (Bochum), diversi anni fa, ammise con amarezza che i bombardamenti sulla regione, durante il secondo conflitto mondiale, avevano distrutto ogni registro, moltissime fotografie e oggetti, quasi cancellando la secolare testimonianza della sua famiglia.

Anche a Hagen i peltrai piemontesi sono molto attivi sino al 1870 – 1880. Le officine sono diverse (Bozzetti e Adamini le prime, con almeno due generazioni attive come peltrai). Numerosi i lavoranti e gli apprendisti. Tutti gli indizi rimandano a un mercato fiorente, dove parte della clientela poteva trovarsi tra chi era stato allettato dal fenomeno della rivoluzione industriale. A Hagen, come a Bochum, Unna e Dortmund i peltrai italiani si arrenderanno, sul finire del 1800, ai nuovi prodotti che invadono il mercato e risultano più economici e resistenti dei peltri.

4 La città di Unna ha dedicato una mostra al fenomeno degli artigiani peltrai nel locale museo. I paltrari piemontesi sono stati gli interpreti principali della mostra Mayländer, Savoier e Sarden…, riconosciuti rappresentanti dell’economia e cultura di questa città nel corso del XVIII e XIX secolo. Prima ancora degli scalpellini, muratori, minatori, operai, gelatieri e ristoratori.

Il titolo dell’evento (Milanesi, savoiardi e sardi…) rimanda agli appellativi assegnati generalmente a questi artigiani (come agli altri immigrati italiani dell’epoca) e derivanti dalle annotazioni sui luoghi di nascita e provenienza riportate su lasciapassare, registri civili e religiosi. Milanesi: quando il luogo di nascita era sotto la giurisdizione del ducato di Milano. Il generico Savoiardi, invece, poteva comprendere emigranti lombardi, aostani e piemontesi. Persino veneti e trentini. Da questa regione, per secoli, emigrarono nell’area di lingua e cultura tedesca numerosissimi ambulanti e artigiani. Sardi, da quando le aree di provenienza passarono sotto il Regno di Sardegna. Spesso il riporto sulla documentazione e sui registri di Regno di Sardegna ha sviato più d’uno storico, costringendolo a stilare l’incredibile informazione “artigiano originario della Sardegna” per immigrati provenienti da località del Piemonte orientale e occidentale. Valstronesi, la maggior parte, come dimostra una lista approntata negli ultimi vent’anni e che raccoglie circa 600 nominativi.

Per quel che riguarda il territorio di Unna, la tradizione degli oggetti di peltro è molto antica. Vi sono stati rinvenuti manufatti databili alla metà del 1500. Nelle località confinanti, durante alcuni scavi, sono stati trovati frammenti di piatti e boccali di peltro risalenti al 1200 – 1300.

Le sale del museo sono state arricchite da molte vetrine che mettevano in mostra oggetti di diversi artigiani peltrai piemontesi. I manufatti provenivano dalla Vestfalia e dalla Bassa Sassonia ed erano tutti riferibili alla seconda metà del 1700 e al 1800. Vi si potevano ammirare candelieri, lumi, clisteri e terrine di diversa forma e fattura, boccali, misurini, vasa sacra, piatti, posate, zuccheriere e servizi completi per té, caffè e cioccolata. Di rara bellezza alcuni elementi dove il peltro si unisce al cristallo. Si sono ammirati manufatti e attrezzi provenienti dall’officina Zamponi di Dransfeld, esposta nel Museo di Hannoversche Münden, tra i quali un libretto per la licenza all’ambulantato del peltraio Johann Zamponi (1856). Infine opere degli artigiani A. De Giuli (1800, Korbach), T. Martina (1800, Minden) e B. I. Crachi (1800, Minden). A ciò si sono aggiunti manufatti e documenti prestati dalla signora Liselotte Hesse (Dransfeld) e che rimandavano alla Valle Strona, a Forno in particolare, località che gli studi più recenti hanno consacrato come capitale dei peltrai italiani operanti nell’area di lingua e cultura tedesca, patria di centinaia d’artigiani che, tra 1500 e 1900, operarono in Austria, Germania, Boemia e Polonia.

La prima traccia di un italiano a Unna è del 17 agosto 1748, giorno in cui il milanese Johann Baptista Canetto riceve la cittadinanza. Il 19 settembre 1750 è la volta di Giovanni Battista Polet, milanese: riceve la cittadinanza gratis in quanto straniero. Egli sposerà Anna Katharina Schoof. Dal matrimonio nasceranno quattro figli. Il Polet morirà nel 1778.

Il primo peltraio è il mergozzese Johann Bott (Botta), proveniente dal Regno di Sardegna, di religione cattolico-romana, celibe… È l’anno 1768.

Dal registro dei residenti apprendiamo che, nel 1786, vi opera Franz Tambornino, forse lo stesso che si rileva a Werne. Nel 1800 il cognome Tambornino è molto frequente a Unna. Vi si segnalano Joseph Tambornino, Johann Baptist Tambornino, Ludwig Tambornino e Egon Tambornino. Un cognome che è sempre in rapporto con la professione del peltraio e che rimanda alla comunità valstronese di Forno e alle decine di peltrai con questo cognome che operano per più secoli su tutta l’area di lingua e cultura tedesca.

Verso la metà del 1800 compaiono a Unna Silvester e Joseph Fantoli, Johann Piazza, Johann Zentori, Johann B. Giovanni, Julius Santini e Nikolaus Albino, commercianti in peltri, maestri peltrai o apprendisti peltrai. Johann Piazza proveniva da Loreglia, in Valle Strona, e Johann B. Giovanni probabilmente da Buglio (Cusio). Di tutti gli altri si ignora il luogo d’origine. Essi vengono definiti con l’epiteto di italus.

In tutto sono registrati 16 peltrai italiani attivi a Unna nel XVIII e XIX secolo. Franz, Joseph e Johann Baptist Tambornino scelsero di rimanere definitivamente in questa cittadina. Tutti, con la sola eccezione di Johann, vi crearono una famiglia e vi vennero sepolti.

Anche Johann Baptist Giovanni, con moglie e due figli a Buglio, rimase a Unna, dove morì. Si può presumere che Julius Santini, Silvester e Joseph Fantoli, come Nikolaus Albino siano stati peltrai ambulanti o che siano rimasti a Unna solo per un breve periodo.

Conclusione La mostra Mayländer, Savoyer und Sarden è, per diversi aspetti, stimolante. È possibile seguire, grazie alla documentazione superstite e proveniente dal locale archivio, lo sviluppo capillare dei peltrai piemontesi attivi per quasi un secolo in questa città e collegarlo, in parte, all’attività di altri artigiani nella regione: Hagen, Bochum e Dortmund in particolare. Senza trascurarne il fermento, molto più antico, nelle cittadine confinanti con il Bacino della Ruhr: Geseke, Werl, Iserlohn, Schwelm… Mentre, per la Vestfalia, si sono raccolti dati interessanti per la città di Lippstadt: nel 1739 vi opera il milanese Dominicus Johannes. Nel 1794 Mordini Johannes, da Casale Corte Cerro. A Minden, nei primi anni del 1700, compare la dinastia Maranca che cesserà l’attività solo sul finire del secolo XIX. Altri artigiani peltrai compaiono a Paderborn e Coesfeld. L’attività dei peltrai piemontesi in questa regione è, in parte, ancora da studiare e potrebbe riservare alcune sorprese.

Sicuramente i peltri prodotti a Unna erano smerciati anche nei mercati del Bacino della Ruhr, una regione che già nei primi decenni del 1800 avvertiva il cambiamento epocale dovuto all’industrializzazione. Miniere e altiforni avrebbero cambiato quest’area e richiamato masse di lavoratori dall’Italia, dalla Polonia, dall’Olanda, dal Belgio… mettendo fine al plurisecolare fenomeno dell’artigianato italiano, ambulante e stanziale.

A Unna, come nelle altre località, la documentazione cartacea è ricca e varia, nonostante le distruzioni imputabili al secondo conflitto mondiale. Registrazioni di matrimoni, nascite e decessi, come domande per il ricevimento della cittadinanza e annotazioni provenienti dalle prime Camere di Commercio, magari dagli atti della Polizia, testimoniano una ricca e attiva presenza piemontese.

Resistono molti cognomi di peltrai piemontesi giunti nell’area della Ruhr tra 1700 e 1800. I loro discendenti (Bozzetti, Adamini, Calderoni, Crachi, Fehr, Bott, Zamponi, Maranca…) stanno a dimostrare un’integrazione culturale, sociale ed economica. A testimoniare che l’immigrazione è ricchezza, oltreché scambio. Ieri come oggi.

Foto 2 - Hagen 1997 - manifesto Atelier MendiniFoto 3 - Mostra peltrai Unna - una salaFoto 4 - Mostra peltrai di Unna

Manifesto Hagen 1997 (Atelier Mendini)

Mostra peltrai Unna – una sala

Mostra peltrai di Unna –  un oggetto